lavori || 15 novembre 2011


alis-filliol/Ritratto di fantasma n°3

 

alis/filliol, ritratto di fantasma n°3, poliuretano espanso, legno e ferro, 320x200x180 cm, 2011

opera realizzata grazie al supporto di rolmec

 

Apparentemente governato dalle proprie spinte fisiologiche, il duo torinese Alis/Filliol, lavora per dare una propria declinazione a due grandi “misure” con cui l’uomo si confronta ogni giorno: spazio e azione. Due macrosistemi che Alis/Filliol modulano e filtrano attraverso la propria persona fisica, in ascensionale tensione tra fisicità e idea.
Lo spazio.
O meglio, nella loro ricerca, l’analisi del rapporto tra spazio reale e spazio percepito, tra quella superficie tridimensionale a tratti visibile che forma la realtà e il nostro io, vissuto dall’interno. Che porzione di area occupa il nostro corpo (vedi Occupare il minor spazio possibile)? Come tracciare una linea orizzontale correndo in un paesaggio di masse verticali (vedi  il video Muro)? Ma soprattutto, è reale o oleografico lo spazio come lo viviamo?
Attraverso il riempimento del vuoto o viceversa lo svuotamento del pieno abituano la loro mente ad entrare in una sorta di trans che li avvicina poco a poco ad una risoluzione. Una verità lontana da ampollosi calcoli matematici, viceversa vicinissima alle paure più triviali e ai disagi psicologici dell’essere umano come claustrofobia e agorafobia.
L’azione.
Agire per loro risulta sempre un gesto forte e vigoroso. Il lavoro concluso, abbandonato nello spazio espositivo, si trova stretto nella definizione di “cenere di un atto performativo”. Più che di cenere nel caso degli Alis/Filliol dovremmo parlare di carboni ancora ardenti, elettrici, forieri di un’energia tutt’altro che esaurita, come in Testa di sirena urlante. Come una bomba inesplosa, il loro lavoro è lì, carico di tensione, un nucleo atomico compatto e saturo di energia. Azione è sempre uguale a corpo. Ma non in senso edonistico. I due artisti sono presenti solo nella misura in cui sia possibile mettere mano in prima persona al loro lavoro, faticando, trasportando pesi e lasciandone le impronte di sudore. È solo così che quell’energia passerà attraverso la loro persona, una scossa di adrenalina imprescindibile, che andrà immancabilmente a scaricarsi in tutti i materiali che compongono l’opera. Materiali ovviamente estremi dal punto di vista di isolamento/conduzione. Quello che trasmettono i lavori (come Calco di due corpi in movimento nello spazio), anche ignorandone totalmente l’operato, è sforzo. Una fatica avvolgente e perentoria. Come nelle varie Fusioni a neve persa, si consuma energia per la cecità, per una performance ostentatamente sterile e proprio per questo carica come una molla.

(alice ginaldi)

 

l’opera era inserita nella mostra azimut, a cura di alice ginaldi, sass muss, padiglione pavione, 17 settembre – 16 ottobre 2011