lavori || 10 agosto 2011


Willy Verginer/Hero

 

Willy Verginer, hero, legno di tiglio e colore acrilico, h 180 cm, 2009

 

dal testo di pierluigi basso fossali apparso su semioticaviva:

[...] Tuttavia, “La pierre de la folie” ha offerto una rima con il lavoro di Schinwald, nella presenza di Hero di Willy Verginer, artista altoatesino che vanta una progettualità molto controllata e organizzata secondo cicli. Hero appartiene al ciclo A fior di pelle, ma alla somatizzazione dell’emozione che il titolo farebbe attendere, corrisponde un’installazione composta da una figura maschile centrale, perfettamente composta, tipica di un modello, se non di un androide riposto in uno spazio, senza più autonomia. L’opera è in legno, ma il colore la raffredda ulteriormente, costruendo un’opposizione marcata tra la parte superiore della figura (dipinta di violetto) e quella inferiore (bianca). L’espressione “a fior di pelle” diviene da metafora catacresi, visto che un motivo floreale è stampigliato sul corpo dell’eroe. Ma non sono fregi, bensì decorazioni da tappezzeria, dislocati nella parte del corpo siglata dal bianco e corrispondente al tronco della figura e alla parte terminale dei suoi arti. Per contro il violetto del busto superiore della figura è

colore omogeneamente disteso e messo in rima con il dato cromatico di una serie di piccoli oggetti, tutti uguali, dotati di un corpo centrale rotondo ma con delle estremità appuntite sviluppate ai lati della sfera. L’indecifrabilità e la stabilità precaria di tali oggetti paiono suggerire l’interpretazione che si tratta di un “pensiero a terra”, di una serie di pietre, partorite dall’eroe, ma che non lo decorano più direttamente. Il carattere “alieno” di questi oggetti-non-volanti è messo in tensione con la rima cromatica del violetto che li associa alla figura nuda. L’improprietà tassonomica degli oggetti (a quale classe ascriverli?) contrasta con la canonicità del modello. Inoltre, alla stabilità statuaria dell’eroe si contrappone la sinergia di relazioni che

sembra ordinare tra loro queste pietre musicali; già, perché la forma e la stabilità precaria ne prefigurano l’ondeggiamento, mentre la loro disposizione ritmica nello spazio, oltre alla loro instabilità strutturale, paiono prefigurarne un pattern, uno spartito d’influenze reciproche. Dell’eroismo non rimane che la postura; il corpo assurge a parametro antropico di riferimento per lo spazio, ma la sua proposta modulare è subito smentita da eccessi decorativi di troppo e da questa disseminazione d’oggetti che non ne segue alcuna proporzione. Figura d’accentramento dello sguardo

spettatoriale, l’eroe pare non avere né arma né gloria alcuna, disperso in pattern di rara insignificanza. La dualità di un corpo per metà decorativo e per metà devoluto alla proiezione di sé in oggetti (il colore pare dare dignità di creazione, di “parto” a questi piccoli pianeti a terra nell’eclittica del pavimento) pare esemplificare una vocazione estetica nel contempo riflessiva (decorazione sul corpo proprio) e transitiva (armonia delle sfere). Ma il valore semantico dell’agire, normalmente in memoria nell’idea dell’eroe, sembra qui ribaltato in una doppia passivizzazione, in un doppio ordine imposto dall’esterno. [...]

 

L’opera era inserita nella mostra la pierre de la folie, a cura di alberto zanchetta, sass muss, edificio sass de mura, 30 luglio – 4 settembre 2011