nuovo spazio di casso
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inaugurazione nuovo spazio di casso: articolo su l’unità
il Nuovo Spazio di Casso al tg regione
Il Nuovo Spazio di Casso è un luogo carico, sovraccarico, gravido, immobile, silenzioso, potente, formidabile, impressionante;
è uno spazio chiuso dal ’63, quando l’onda di risalita della frana del Monte Toc che causò il disastro del Vajont, danneggiò quest’edificio, l’allora scuola elementare;
a Casso nel ’63 abitavano cinquecento persone, oggi sono 25;
l’ex scuola, restaurata, è un edificio nuovo, che fronteggia il segno della gigantesca frana, si proietta, attraverso un ponte sospeso, verso la diga, e verso quella ferita del Toc, un taglio netto, la traccia di quei 260 milioni di metri cubi di terra a roccia venuti giù;
questo spazio è nuovo, ora, nella forma, e nella possibilità d’essere qualcosa di diverso da un puro (muto, ennesimo) monumento alla tragedia; quest’area è stata fin troppo, e troppo a lungo, prigioniera dell’aura di morte; questo luogo può essere, deve essere, mosso, sbloccato, aperto, riacceso; va messo in rotazione, in torsione (un punto di rottura, appunto);
ecco perchè l’abbiamo riaperto, lo scorso 15 settembre, dopo 49 anni;
ecco qui la forza tutta, e la responsabilità, di ciò che è contemporaneo, di questa parola, contemporaneo, la responsabilità della cultura a non essere cenotafio, a proporre opzioni vitali, a riaprire ciò che è chiuso, per primo lo sguardo; dopo mezzo secolo dunque, questo spazio ha riaperto, e lo ha fatto con i progetti, le intelligenze, le idee, la riflessione, la sensibilità, tutto ciò che può l’arte, che è progetto poetico agguerrito e struttura critica/lisergica proiettata e antagonista d’inerzie retoriche; altro cantiere artistico e culturale straordinario, Casso, in un luogo speciale e difficile, dove lavorare, d’ora innanzi, con forza, a s-cassinare, perché l’azione che può l’uomo con la cultura, è semplicemente la vita, che scava e attraversa, levando il primato alla morte (stasi), dall’interno, svuotandola del vuoto;
e in questo si somigliano, gli spazi di Sass Muss, di Taibon, di Casso, pur diverso ognuno, si somigliano rispetto ad un generale tema di rifiuto dell’inerzia, della fine, della staticità, dell’incapacità a reagire, della rinuncia, della carenza d’immaginazione, dell’incapacità di rinnovare.