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Gino Blanc/Kong plastic evolution

 

Gino Blanc, Kong plastic evolution, 2012, scultura con missile, polietine, ferro, CA2CO3, legno, bitume, colore ad olio, glitter, vetro, marmo,  lingua di vacca mozzata, pianta in vaso, 230x120x110 cm.

 

Kong plastic evolution è un lavoro scultoreo sperimentale di Gino Blanc, realizzato per e l’uomo non è una felce all’interno di DC NEXT.
Ciò che pare una grande scimmia antropomorfa è invece il prodotto, al tempo stesso istintivo e sedimentario, di un’azione virale, di plasmazione agglutinante, condotta giorno per giorno durante il periodo di residenza, per contaminazioni e addizioni e integrazioni e imbricazioni. Un minuto dopo esser giunto nel Blocco di Taibon, Blanc aveva già colto il clima di sperimentazione instaurato in questa atipica stazione di produzione culturale e artistica. Il gorilla è un soggetto pretestuoso. L’immagine era già lì. Blanc l’ha presa, e ne ha fatto la propria palestra d’azione e costruzione, un set su cui avviare un processo testimoniale-deposizionale lungo e complesso e responsabile.
Ogni parte/cellula del gorilla è stata assemblata, attraverso un processo accrescitivo, in realtà non molto difforme da quello pittorico, per strati e lavorazioni, stesi gli uni sulle altre, gli uni nelle altre. Giunture di pietra, scheletro metallico d’armatura ossea, corpo massivo modellato nel polietilene, e plastiche, smalti, glitter, bitume, occhi vitrei e lingua carnuta. Kong non è un gorilla. Kong è un processo di sintesi del magma, una visione sviluppatasi su un’immagine catturata subitaneamente dalla retina. Kong è l’abitatore del luogo, l’alieno brutalmente integrato di un luogo speciale, che è la Nuova fabbrica accesa in un territorio arcaico, è la presenza il golem modellato dal visitatore dei luoghi, trasformatosi a sua volta in un abitatore dei luoghi, che ha inteso, incamerato, manipolato, tradotto, gli stimoli di questa foresta critica sintetica, sorta nella luce elettrica degli spazi industriali trasformati in giungla-cantiere riumanizzato, caverna-laboratorio d’artifici riconfluenti,assediata dalla natura e presidio popolato da una nuova agguerrita tribù di esploratori dalle bianche zanne sguainate, cacciatori-raccoglitori ma di fuochi e altre torce nel bosco, con le mani e non si bruciano, il bosco a fuoco e il palpito  d’urlo della lingua che brulica e marcisce.

 

Opera inserita in “e l’uomo non è una felce”, a cura di Gianluca D’Incà Levis, APL 10, Taibon Blocco, 21 settembre-22 ottobre 2012