venerdì 7 agosto – triomomentum performa casso
La sera di venerdì 7 agosto, alle ore 18.00, Triomomentum ha performato Casso.
Non un concerto: una sperimentazione con i suoni, e la ricerca di un rapporto, emotivo ed intellettuale, tra le proiezioni (mentali) e gli slanci (sonori) e il paesaggio del Vajont.
Performato, appunto.
I suoni sono segni.
Sono come le idee ed i processi, le forme, la plastica: dell’anima.
Performare lo spazio è fare incontrare i tumulti.
Come non servono le mostre, infatti, non servono nemmeno i concerti.
Non servono gli spettacoli, che anzi sono nocivi, non serve l’intrattenimento, che è falso spazio, smidollato.
Non serve un artista-fromboliere, di fronte ad un pubblico passivo.
Vadano allo stadio, quei signori, alla televisione.
Serve mettere in risonanza lo spazio.
Questo si può far bene solo se tutti collaborano. Se ogni parte, particella, persona, è attiva, ed espande il flusso.
A nulla serva la serenità del pubblico, un pubblico sereno, un pubblico.
Fronti corrugate, invece.
Ci occupiamo di alte energie qui, mica di eventi.
Energia è Spazio.
Primo set, plancia, improvvisazione
Una sperimentazione, con i suoni.
Anna, Marie e Simon.
Flauto traverso, viola, arpa con una corda rotta, che non è un problema.
La passerella dello Spazio espositivo di Casso è puro spazio (ancora: spazio inteso come il senso, intatto concentrato e riscosso, di un luogo che ebbe a perderlo).
Ogni cosa e tutto qui concentra e condensa: ci si pone, in un attimo e completamente, di fronte alla ferita, alla frattura, alla storia, al segno gigantesco lasciato dalla tragedia su questo paesaggio, la roccia sgusciata fuori dal manto verde di pelle, nuda.
Ma forse, da qui, a tutto ciò non è fatto porsi già di fronte, e piuttosto già al suo interno, che nulla può restar fuori, tutto è preso qui, dalla vibrazione residua di fondo, echeggiante.
Quest’immagine estrema e vasta, della quale da questo spalto solo è possibile abbracciare il silenzio corposo, il corpo del silenzio, è una grande porta.
I tre interpreti si sono disposti qui, le spalle al Toc, la fronte al paese di Casso.
E hanno improvvisato.
Hanno suonato senza amplificazione, incapsulando nelle proprie trame i suoni ed i rumori ambientali.
Il vento faceva vela degli spartiti sui leggii, frusciandoli, e non era un problema.
Suoni lievi all’inizio, appena percepiti, poi a crescere.
I suoni si sono levati e sono andati, hanno detto, ed hanno fatto immaginare e percepire, cose a proposito delle cose che sono state qui, e che continuano a essere. E altre cose, che vengono ora, che sono venute a cavallo di questi suoni: queste cose sono le prospettive nuove, e gli sguardi alti.
Attraversamento
Il primo set d’improvvisazione in plancia è durato venti minuti.
Poi, e ancora, abbiamo mosso e spostato lo spazio.
L’arpa pesa 65 chilogrammi.
Simon l’ha spinta, trascinata, sollevata, dalla terrazza dello Spazio espositivo, attraverso l’abitato vecchio, verso un altro punto.
Sull’acciottolato, per le rampe erte, superardo gradini e muretti, gli artisti si sono spostati, e un serpente di persone in processione a loro dietro, fino a giungere ad una stalla semiabbandonata, due stanze con mangiatoia, fieno, e legni antichi.
Attraversare è più importante che giungere.
Quel che importa, non è la monumentale presenza degli spazi intesi come luoghi definiti, ed in ciò sfiniti (lo Spazio espositivo, la stalla).
Quel che importa, sono i processi. Raggiungere lo spazio b, partendo dallo spazio a, è un processo.
E’ esplorazione spaziale: serve volontà, per spostarsi.
Spostarsi è faticoso.
Spostarsi equivale a creare relazioni spaziali.
Perché non abbiamo fatto un concerto in un unico luogo?
Niente concerti, niente luoghi.
Ma attraversamento degli spazi. È faticosa spostarsi. E’ faticoso suonare nel vento. E’ faticoso spingere un’arpa su per le erte di cas (le manca una corda sola: non basta questo ad alleggerirla). E’ faticoso trovar posto in una mangiatoia stretta, prendendo il posto delle vacche andate.
Per chiarirci: Casso e Borca sono i due siti più importanti di DC, ora.
E qual è dunque lo spazio più importante, secondo noi?
La strada tra Casso e Borca è lo spazio più importante.
Il paesaggio, e l’aria, lo spazio che è tra le cose (e che quindi le separa e connette: membrana, sinapsi, percorso) e il movimento aereo del paesaggio, questo solo conta: muovere spazio e paesaggio, ogni paesaggio.
Secondo set, mangiatoia, improvvisazione e repertorio
La stalla ci è stata prestata da Marco, cassano.
Qui dentro, le persone si sono strette.
Altre si sono sedute sulle soglie e sulle pietre, fuori.
Pietre ovunque, a terra e sui muri, i muri alti sugli stradelli stretti, di questo borgo vecchio, fermo come le sue pietre. Pietre sui tetti, ben salde contro il cielo, e dai versanti attorno.
La stalla si trova nel cuore del borgo (le case qui eran case-stalla), ed è fatta così: pochi gradini in pietra sbrecciati conducono ad un uscio di legno; dentro, una vecchia tramezza di legno divide in due l’unica stanza-mangiatoia.
Nella prima delle due stanze, più piccola, i musicisti si sono installati.
Altri strumenti, lì dentro, della neo-tradizione, imbracciata.
Una serie di campanacci, grandi e piccoli, da loro portati, sono stati appesi al soffitto basso.
Uno strumento dell’antico folclore è stato creato da Simon, in un attimo (una sorta di zattera, due metri per due, fatta di travetti tagliati a mano, inchiodati tra di loro: questo strumento a canne piene viene suonato battendo e trascinando sulla sua superficie un altro legno).
Nei primi minuti, gli artisti hanno performato il rumore, testando, accendendo insieme e mescolando, i suoni propri, con quelli della stalla. I campanacci ed i legni sono stati battuti. Simon ha percosso ritmicamente il pavimento di pietra della stalla, con un grande palo-pestello. Gli strumenti hanno cominciato ad emettere i primi suoni, solo il rumor del fiato e i pizzicamenti introduttivi sulle corde, alternati agli altri rumori.
Venti minuti di improvvisazione e incontro.
Poi il loro repertorio, e questo canto ha corso il borgo.
Le persone, nella stalla, in piedi dietro alla tramezza di legno, nella mangiatoia, hanno brucato quest’erba sonora.
Qui le foto.
Presto il video.
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