dimitri giannina/para el vien to
PARA el VIEN to, 2019, quattro breghe di abete rosso, quattro di larice, cardini, spray, olio, matita, grafite, foglia d’oro, pallini in acciaio (rosata), incisione.
Dei cinesi sentiamo parlare da mesi, rispetto a Tempesta Vaia.
I cinesi che salvano il mercato, acquistando le enormi quantità di legname schiantato disponibili dopo l’esbosco.
I cinesi che non lo salvano più, il mercato, perché il legname infestato dagli scolitidi non lo vogliono, mica sono stupidi, e lo dice chiaro il Documento Guo Zhi Jian Han 202, e quindi occorre la Fumigazione (a pressione normale, col fluoruro di solforile), e così via.
L’installazione si origina dalla tradizione cinese del paravento (imperiale).
Il paravento (muro, lavagna, paramento, libro) vaiano di Giannina è realizzato con alcune assi d’abete e larice, incernierate, a comporre una parete articolata e mossa, che disloca l’impianto grafico-pittorico, e che si antepone al cassone ligneo di fondosala: legno di vaia su legno di prima, è l’azione nel solco della tradizione (in materiale).
Esso -lignea teca-parete, pagina e urna, ex voto e stele, apparato critico-narrativo, tavola dinamica che intreccia i rami della storia, di questa storia antica che nei secoli correla i destini dell’uomo delle valli del Cadore ai boschi e al legno- esso contiene una serie di immagini sorgive, che raccontano e cuciono diversi aspetti di Vaia, tra noi e loro (to).
Attraverso i segni -ancora come nella tradizione cinese- tracciati e composti sul legname, si mette in campo, si rappresenta, la selva delle problematiche portate dalla gran quantità del legno schiantato.
Segni e disegni ricreano delle aree-macchie-zone, di rifugio o di scambio, introducendo una serie di informazioni visive di carattere naturalistico ed etnografico, o d’altro tipo.
La scalata ad esempio; le vie di alcune falesie presenti nelle aree più colpite da Vaia, in particolare quella dei monoliti di Ronch, a Laste di Rocca Pietore: dove i tracciati di salita –le vie d’arrampicata- creano dinamica ascensionale, in tal modo opponendosi alla terribile orizzontalità della foresta in-un-istante-in-terra: l’uomo sale, e risale, e risale. Sass de Rocia, Sass de la Murada, Sass de la Gusela (la Gusela se n’esce da un gran nodo nella brega). E sulla cima aguzza ce lo trovi infatti, questo stilita, la schiena un poco curva, a giù guardare.
Altra presenza: una figura ieratica, una sorta di gran saggio barbuto, la testa disegnata sulle breghe; non è mica Tiziano, ma Nüwa, divinità cinese, creatrice del mondo e degli uomini.
Il mito ci racconta del tempo della grande inondazione, con la distruzione portata da Gong Gong.
Fu Nüwa poi a richiudere il cielo e a salvar la terra, devastata, con le montagne-pilastri schiantati in terra anche loro, e lo fece unendo le cinque crode, e nel disegno di Giannina gli arti esplosi del Dio-curatore-facitore-degl’uomini son sparsi nello spazio post-vaiano, in mezzo ai resti del bosco precipitato. E così via, uomini e fusti.
I paraventi venivano usati per tamponare gli spifferi nelle abitazioni, come indicato dai due caratteri nel loro nome cinese: píng (屏T, letteralmente “schermo, blocco”) e feng (風T, letteralmente “brezza, vento”): per l’appunto.
Gli ideogrammi sul retro dicono: La nuova via della seta, e questo è parlare del commercio attuale dei legni, anche.
Via della seta, tracciata in azzurro. E i tracciati intrecciati, perchè le altre linee son quelle del sistema idrico e dei Fiumi del Cadore (da un’antica mappa della Magnifica Comunità di Cadore), delle vie di arrampicata a Laste. Il reticolo integrato, nella storia, nei flussi, nel pensiero, nelle interconnessioni vaiane.
Sul novello paramento vaiano Giannina ricrea paesaggi di segno, paesaggi simili a quelli naturalistici cinesi, ma agganciati a questo territorio. Ecco gli ideogrammi si trasformano nei segn de ciasa: tangenze grafiche, tangenza nei pensieri, tangenze nelle cose tangibili.
I paraventi consentivano ai pittori cinesi di rappresentare gli ornamenti ideali, di mostrare la pittura, come la calligrafia. Otto elementi accostati formavano il paravento imperiale. Ma qui Giannina vuole offrirlo a tutti, il suo racconto culturale e umano di Vaia.
Ecco dunque che una delle otto breghe finisce in corte, bene infisso in terra. L’ideogramma del lares, inciso, prende visibilità quando il nero di Cina, dilavato dalle piogge, scende la tavola. E così via.
opera in:
altri dardi
a cura di gianluca d’incà levis
forte di monte ricco
29 agosto – 27 ottobre 2019
–
Si ringraziano: romano tabacchi (non era un magnacarte), la Segheria Hofer di Valle di Cadore e Pietro Hofer, Antonino calcagno, silvio piazza
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