Miele – Catia Schievano – Casso, 7 agosto
Miele
mostra personale di Catia Schievano
a cura di Gianluca D’Incà Levis
Nuovo Spazio di Casso (Casso, Pn)
7 agosto / 20 settembre 2020
Opening: venerdì 7 agosto, ore 17.30
Concetto
Mica stiamo parlando di apicultura, dai.
Questa fraintesa o invocata -spessacaso, che barba- zootecnia, è in realtà un calco d’impresa, d’industria, d’architettura.
Accuratamente estratta dalle polveri della storia, senza sussieghi, le immagini bianche sui bianchi.
Che, van di moda le stucchevoli positure in ambiante, gli ecologismi, i salutismi?
Eh no, nessuna retorica d’alveare, e invece un design alveolare in purezza, che rinfocola i sigilli, trasformandoli in geometrie di textura poetica, tenui quanto decise, leggere meccaniche di lettere o struttura.
Una traduzione attentiva.
Dal 2018, Catia Schievano lavora alle impronte minerali nella Colonia dell’ex Villaggio Eni di Corte di Cadore. Nel suo spazio-laboratorio riguadagnato, nell’ex palazzina degli alloggi dei dirigenti, riprocessa sedimenti della storia e della foresta.
Fuori gli abeti rossi, e però fuori-fatti da Vaia.
Dentro, nella Colonia-labirinto, una foresta di icone. Sono i loghi delle aziende numerose che, insieme a Enrico Mattei e Edoardo Gellner, realizzarono il sensazionale welfare alpino de Borcia.
Eccoli qua dunque, i loghi ripresi.
Miele realizzò la sua prima lavatrice nel 1900.
Nelle ex lavanderie di Corte, ne abbiamo una grande, multicestello, che par la
Sojuz (sempre, qua in DC, mentre gli altri stanno a tavola, si risplorora lo spazio).
Poi c’è una manichetta: e infatti questa mostra avrebbe potuto chiamarsi Cobra.
E invece no, ma non per preferir dolcezza a serpente: per un tatto.
E così via.
Impronte minerali #1 (2018)
Il mio processo di ricerca nasce da una sperimentazione iniziale con la carta Repap di Paper& People (è una carta realizzata con la pietra, e non con la cellulosa, n.d.r.).
La sua composizione minerale, l’esser ricavata dalla pietra, mi ha permesso di sfregare la carta attraverso la tecnica del frottage su qualsiasi elemento architettonico, industriale o vegetale presente nella Colonia.
A questo punto, la carta morbida, liscia e resistente, non è altro che la montagna stessa, sulla quale le impronte del territorio circostante descrivono mappe e pongon firma.
Oggi la Colonia, dentro e fuori, è luogo in cui si fa esperienza di un passato esploso, che assorbe il silenzio e la solitudine degli elementi inanimati e compiuti (l’architettura
di Gellner), contrapposti a quelli viventi e variabili della rigogliosa flora del bosco che la circonda (anch’essa natura, progettata da Gellner).
Se la trasposizione individua e fonde insieme, sulla stessa superficie, le due anime, apparentemente contrapposte e fondamentali, di Villaggio e Natura, la ricomposizione ne da una nuova lettura, ponendo l’accento sull’importanza della loro relazione.
Impronte minerali #2 (2019)
Dopo aver impresso sulla cartaroccia Repap di Paper & People gli elementi dei due immani corpi organici integrati di Borca (il complesso del Villaggio e della Colonia e il bosco naturato da E. Gellner), ho dedicato attenzione ai loghi e ai prototipi delle industrie che mettevano in moto la grande macchina organico-sociale della Colonia, selezionando quelli che nella forma o nella parola avessero come relazione principale quella con la natura (anch’essa fenomeno qui strutturalmente organizzato dove le forze si manifestano).
I primi frottage eseguiti imprimono sulla carta il logotipo della lavatrice Mìele (azienda tedesca di elettrodomestici fondata in Germania nel 1899), il pittogramma di un cristallo di neve dei frigoriferi dell’Agipgas (azienda dell’Eni fondata da Mattei nel 1953) e la trama a fori circolari dei termosifoni presenti nei corridoi e in quasi tutte le stanze della Colonia, quasi-icone di uno spazio. Tra logo e disegno si compone una duplice immagine: natura e industria si incontrano sulla stessa superficie, sono un binomio che si confonde e si scambia significato attraverso lo stesso disegno geometrico di cui entrambe, originariamente, son fatte.
Butter wood-Burro bosco
Impronta-frottage della scritta “butter” (burro) trovata all’interno di un frigorifero.
La carta-roccia è il paesaggio-involucro di un territorio colpito da Tempesta Vaia:
Un bosco morbido come burro
si scioglie e si plasma
cambia consistenza
orizzontalmente si spiana
E poi ci son le zolle, primi mattoni dell’impresa meno coroniana di Gellner, la costruzione del Paesaggio di Corte, con l’inzollamento del Covo di vipere, ai piedi di Re Antelao. Quindi le zolle fossili, rivenute sotto ad una campata degli ex alloggi dirigenti, lì protette da decenni, non son che un altro logo da calcare: il logo del bosco a sei zampe.
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Si ringrazia: Progettoborca, Centro Studi per l’Ambiente Alpino di San Vito di Cadore (Tommaso Anfodillo, Roberto Menardi), Paper & People.
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La mostra si realizza all’interno del programma dei Dolomiti Days, in collaborazione con Regione Friuli Venezia Giulia, Fondazione Dolomiti Unesco, Comune di Erto e Casso.
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Orari di mostra
dal martedì alla domenica, 10.00-12.30 e 15.00-18.30
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